27 aprile 2013
Quando avevo diciotto anni avevo due miti: Emiliano Zapata e Ernesto Guevara, il primo conosciuto attraverso il film di Elia Kazan, che la TV passava relativamente spesso, con un Marlon Brando bellissimo e tenebroso, e il secondo perché era l'eroe di tutti i sessantottini e io non facevo certo eccezione. E il Messico, l'Argentina, la Bolivia, il Cile riempivano la mia mente a tal punto che ho imparato un po' di spagnolo. Del resto quelle passioni si sposavano con quella nata quando ero una babanetta: il far west. Sentieri selvaggi, Un dollaro d'onore, L'uomo che uccise Liberty Valance, Mezzogiorno di fuoco, cosa c'era di diverso fra quegli eroi stazzonati dalla polvere e dalle lunghe cavalcate, dalle sparatorie e dalle scazzottate e quelli veri che lottavano per la giustizia e i diritti dei deboli? Le passioni sono dure a morire e le mie mi hanno accompagnato fino ad oggi, coltivate da un lungo viaggio fra Monument Valley e Nevada, Grand Canyon e California e su fino al Wyoming, e da un altro in Messico e più recentemente in Argentina. Ma la cosa sorprendente è stato scoprire che quel mondo lo avevo vicino senza saperlo. Nel 2010 la RAI ha trasmesso Terra ribelle di Cinzia Th Torrini: due amici divisi da una donna, un
padrone gretto e spietato, una famiglia di ricchi in disgrazia, un
territorio selvaggio di immense distese dove la popolazione che non
coltiva la terra o gestisce il bestiame vive alla macchia rubando e facendosi giustizia da sola. Non siamo nelle sconfinate pianure texane, ma in Maremma, a fine ottocento. Così il far west diventava per me un near east e i cowboy erano i butteri e i banditi, i briganti! Guardavo a questa terra italiana con rispetto e ammirazione e leggevo quello che c'era da leggere sugli uomini che lottavano per i loro diritti non solo contro i fuorilegge, ma anche contro la malaria. E così canticchiavo La llorona e Maremma amara con lo stesso entusiasmo:
Yo soy como el chile verde, Llorona,
picante pero sabroso
Tutti mi dicon Maremma, Maremma...
ma a me mi pare una Maremma amara.
Ed ecco questo MTC che arriva per gettare un ponte fra Messico e Maremma: in Messico si fa il chili con carne, in Maremma il peposo, i fagioli si usano in tutti e due i paesi, quindi ecco qui cosa ho combinato andando dietro ad ANNE e alla sua ricetta, che mette in pentola il sole, il caldo, l'arsura e i profumi, per tirarne fuori, come dal cappello del prestigiatore, un piatto magnifico.
Il mio chili è stato marinato, come si fa con il peposo, nel vino rosso; ho scelto il Morellino di Scansano, un Chianti fruttato e generoso. La cottura è come prevede Anne per il suo chili, anche se ho usato la marinata per bagnare la carne.
Chili con Carne
750 g di spalla di manzo tagliata a cubi
rosmarino, salvia, alloro q.b.
qualche bacca di ginepro
vino rosso
3 peperoncini rossi di Calabria secchi (piccanti)
3 peperoncini verdi di Calabria freschi (dolci)
sale
Mettete la carne a marinare nel vino con gli aromi e le bacche di ginepro per almeno 12 ore, tenendola al fresco.
Pulite i peperoncini freschi, quindi
abbrustoliteli in forno, per circa 20 minuti a 170°. Poneteli in un sacchetto di carta e fateli raffreddare. Togliete la pelle, i semi, i filamenti interni, quindi metteteli nel mixer e frullate fino ad avere una crema. Spezzettate i peperoncini secchi scuotendone fuori i semi (da
eliminare) e metteteli in una ciotola, copriteli di
acqua bollente e lasciate in infusione per almeno 2 ore. Passato questo tempo, frullateli con l’acqua di infusione fino ad
ottenere una pasta leggermente densa. Passatela attraverso un setaccio fine in
modo da eliminare ogni residuo di pellicine, recuperando quanta più
polpa possibile.
Sgocciolate la carne dalla marinata e mettetela con la crema di peperoncini freschi e la pasta di quelli secchi in una pentola col fondo spesso, bagnate con parte del vino della marinata e portate a bollore a fiamma alta. Regolate il sale, mescolate bene e fate cuocere coperto
(lasciate una piccolissima fessura perché possa uscire il vapore) a
calore dolcissimo per circa 3 ore, controllando ogni tanto e aggiungendo altro vino o acqua calda se necessario.
Fate riposare il Chili e servitelo il giorno dopo.
Per contorno ho preparato un tris di legumi:
fagioli nel fiasco, dalla Toscana, perché sono emblematici in questa ricetta
ceci in zimino, dalla Liguria, perché l'America l'ha scoperta Colombo
lenticchie di Esaù, dalla cucina ebraico-romanesca in onore di Anne
Fagioli nel fiasco
200 g di fagioli cannellini secchi
acqua/olio EVO
sale, pepe
qualche foglia di salvia
1 spicchio d'aglio
Ammollate i fagioli per tutta la notte in acqua fredda. Il giorno dopo, scolateli, metteteli in un fiasco da 1/2 litro con l'aglio spremuto, la salvia, 2 cucchiai d'olio, un po' di pepe, 10 g di sale. Coprite d'acqua, quindi chiudete il fiasco con un po' di cotone e fate cuocere in una pentola piena d'acqua per 3 ore da quando prende il bollore. Al termine della cottura, mettete i fagioli in un piatto e serviteli.
Ceci in zimino
200 g di ceci secchi
10 g di funghi secchi
1 cucchiaio di concentrato di pomodoro
1 mazzo di erbette
olio, sale
Ammollate i ceci per tutta la notte in acqua fredda. Metteteli poi a cuocere in abbondante acqua per almeno due ore e mezza. Mettete a bagno in acqua tiepida i funghi secchi; quando si saranno ammorbiditi tritateli. Lavate bene le erbette, pulitele e tagliatele a striscioline. Mettetele a cuocere in una padella con 2 cucchiai d'olio, quando si saranno un po' ammorbidite, unite i funghi e il concentrato, aggiungete un po' d'acqua e portate a cottura. Verso la fine unite i ceci e regolate il sale.
Lenticchie di Esaù
1 cipolla bionda piccola
1 porro
1 spicchio d'aglio
100 g di passata di pomodoro
1 cucchiaio di semi di cumino
brodo vegetale q.b.
2 pomodori ramati
200 g di lenticchie
sale, olio
Affettate sottilmente la cipolla e il porro e imbionditeli con 2 cucchiai d'olio, unite poi l'aglio tritato, la passata di pomodoro e i semi di cumino. Mescolate e fate cuocere 30 minuti circa aggiungendo il brodo necessario. Unite adesso le lenticchie e i pomodori spellati, privati dei semi e tagliati a tocchetti; portate a cottura unendo ancora brodo quando è necessario. Alla fine regolate il sale e servite.
Per il pane ho scelto il pan de elote messicano, ma in realtà l'ho preparato come una focaccia ligure, omettendo l'uovo che prevede la ricetta del pane e usando il latte anziché l'acqua nell'impasto della focaccia.
Panfocaccia "de elote"
150 g di farina manitoba
150 g di fioretto di mais
150 g di latte
30 g di olio
1 cucchiaio raso di zucchero
1 cucchiaio raso di sale
15 g di lievito
olio, sale grosso
Sciogliete il lievito nel latte intiepidito. Impastate tutti gli ingredienti nel mixer per una decina di minuti, quindi lavorate ancora un po' a mano, poi fate lievitare in una ciotola coperta con un tovagliolo. Quando l'impasto sarà raddoppiato di volume, stendetelo allo spessore di circa 1 cm in una teglia ricoperta di carta forno. Fate dei buchi con le dita, quindi cospargete la superficie con del sale grosso e con un'emulsione fatta con 50 ml di acqua e 75 ml di olio. Fate lievitare per circa 30 minuti. Infornate a 230° per 15 minuti circa. Sfornate, spennellate la superficie con olio, quindi fate riposare su una gratella per qualche minuto prima di servire.
E tutto questo è per la sfida dell'MTC di aprile
Permettetemi un ultimo commento a questo post lunghissimo: per quanto mi sia messa all'impresa con molto entusiasmo, non sapevo proprio cosa avrei mangiato. Quando ho avuto il mio chili nel piatto, con tutto il suo profumo, quando si è sfaldato tenerissimo sotto la forchetta, quando mi ha riempito la bocca con il suo sapore e i peperoncini mi hanno sfrizzolato tutte le papille, allora ho chiuso gli occhi e ho ringraziato Anne e la squadra dell'MTC per aver scelto proprio questa ricetta. Grazie a tutte ragazze :)
BUONA SERATA!